Sembra una storia già letta, vissuta e sicuramente, ai più, ben che nota. Ma nulla sembra essere cambiato a dispetto dei 20 anni passati a parlare, con qualche rispolverata di attualità, dei problemi interpretativi (Italiani) riconducibili alle normative del lavoro marittimo e della cronica mancanza di vocazione delle nuove leve del mare…

Gente-di-mare

In questi mesi tra ricorsi, circolari e battaglie legali qualcuno ha cercato di far valere i propri diritti e altri hanno in programma, come nel caso del coordinamento nazionale marittimi, anche delle manifestazioni (Roma 15 novembre p.v.).

Ma se da un lato c’è chi giustamente rivendica una snellita nei sistemi burocratici dall’altra parte, sul fronte occupazionale, c’è da fare i conti con le dinamiche del mercato mondiale del lavoro marittimo.

 

 

 

Partiamo per dati:

Solo per i prossimi 10 anni è previsto, come del resto lo è almeno dai primi anni 2000, un progressivo incremento della domanda di nuovi marittimi stimata in 1,5 milioni di persone, questi ultimi suddivisi in 790.000 nuovi ufficiali e in 754.000 comuni e bassa forza. Tuttavia l’incremento attuale vede, cosa oramai ben nota, un trend che vede richieste del + 24,1 % per gli ufficiali e un incremento del solo 1% per la bassa forza.

Sul capitolo ufficiali spesso si è anteposto il problema vocazionale dei giovani italiani (ma europei in genere ndr) e di una scarsa formazione scolastica all’uscita dai nautici, soprattutto per quanto riguardano i nostri neo diplomati, a dispetto di altre realtà europee, Inglesi in primis.

 

Fatto sta che per quanto riguarda lo stato maggiore di bordo ormai le nazionalità più consolidate che vanno a riempire le tabelle di armamento sono quelle riconducibili alla Cina, Lituania, Ucraina, India e Russia a cui vanno aggiunte le note nazionalità per la bassa forza: Filippine, Indonesia e altre nazioni.

A questo si dovrebbe aggiungere la strategia di reclutamento ampliamente sposata dalla maggior parte delle compagnie che ha visto, e vede, i centri di formazione Filippini in testa per la fornitura e la stessa formazione dei futuri ufficiali e non solo.

È chiaro che eccettuati taluni segmenti dello shipping, vedi il settore crociere, dove vi è ancora una certa quantità di ufficiali italiani ed europei, il resto del mercato del lavoro marittimo è pressoché soddisfatto dalle suddette nazionalità le quali, parliamo degli ufficiali, non guadagnano tra l’altro certo meno di un ufficiale europeo, qualora quest’ultimo fosse imbarcato sulla stessa unità…

Ma quale potrebbe essere un buon modo di essere competitivi almeno a livello personale? I nostri suggerimenti sono sempre gli stessi:

Per prima cosa una reale conoscenza della lingua inglese, possibilmente certificata attraverso il Marlin Test, pari alla qualifica d’imbarco. Secondo punto lo merita la formazione specialistica e “basica” meglio se fatta presso i migliori centri di addestramento europei.

Che dire della parte burocratica? Per chi è già in possesso del titolo IMO di ufficiale di navigazione o di macchina (o titoli superiori) meglio chiedere un Endorsement dei propri titoli presso un registro di bandiera più performante e pratico.

Per esempio molti ufficiali, direttori e comandanti Italiani hanno magari convertito i propri titoli italiani presso l’MCA Inglese o il Registro Panamense, tanto per fare degli esempi. Chiaramente questo seppur è un compromesso può favorire il marittimo almeno per quanto riguarda la gestione ed il mantenimento dei propri titoli, cosa da non poco se si tiene conto che senza questi ultimi è impossibile navigare!

 

Daniele Motta
Perito e Consulente Navale
Tel. +39 389 006 3921
info@studiomcs.org
www.perizienavali.it

Articolo pubblicato anche su Nautica Report

 

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