Rispondiamo con questo articolo ad un quesito inviatoci da un nostro lettore: “come si cambia e cosa c’è da sapere in merito al cambio di bandiera�
In un precedente articolo avevamo già toccato l’argomento quando abbiamo spiegato il fenomeno del flagging out, cercando, rifacendoci alle nozioni dell’economia marittima, di eviscerarne i contenuti e i gli effetti sulla gestione delle imbarcazioni.
Ma andiamo per ordine. Anzitutto c’è da dire che le modalità non sono chiaramente sempre le stesse, anche se vi sono dei punti chiave comuni per tutti i registri navali, per procedere alla dismissione della bandiera con la quale l’unità è attualmente assoggettata.
Ciò detto però vi sono molte considerazioni, anche assai delicate, di cui l’armatore dovrebbe avere assoluta contezza e coscienza. Uno di questi fattori sono certamente di natura fiscale i quali, tra l’altro, sono frequentemente i motivi scatenanti che portano l’armatore a ricercare registri navali (o bandiere) che possano permettere una congrua riduzione delle voci di costo e spesa riferite, ad esempio, ad assicurazioni, equipaggi ed imposte.
Il cambio della bandiera dunque dovrebbe essere fatto con oculatezza, tenendo anche conto che, in riferimento al budget posseduto e al l’uso diportistico o commerciale in riferimento al quale l’unità viene impiegata, dovrebbe anche portare ad una scelta (del registro; vedi bandiera) che più si identifica con le reali esigenze operative dell’armatore.
Anteposto ciò, anche se vi sono delle agenzie, solitamente quelle per le pratiche nautiche che si occupano anche di queste tematiche, il consiglio professionale che ci sentiamo di dare – nel asserirlo non vogliamo certo togliere nulla alla professionalità dei singoli, facendo anche le doverose e dovute eccezioni – è divalutare la cosa assolutamente con un esperto del settore.
I motivi sono certamente molti, ma cerchiamo di comprenderli a fondo.
Come già accennato la procedura dovrebbe anzitutto essere fatta nell’ottica della legalità e nella tranquillità dell’armatore per evitare di incappare, come purtroppo accade, in conseguenze di natura amministrativa assai gravose.
Il secondo punto è quello tecnico, normativo e gestionale atto a ricercare non solo il registro migliore – per poi agire di conseguenza – ma facendo anche preliminarmente un’opportuna analisi dei costi di gestione attuali, siano essi piccoli o grandi. Ciò è assai prezioso in quanto calcolando, per così dire, al centesimo i costi si potranno così identificare, per sommi capi, i reali vantaggi dati dalla scelta di questo o quel registro.
A questi due punti sene aggiungono altri, ad esempio di natura assicurativa, i quali dovrebbero essere anch’essi opportunamente valutati e sempre meglio seguiti da un soggetto specializzato. Andando avanti, e sempre in riferimento a questo o a quel registro, potrebbero anche variare, naturalmente, non solo particolari obblighi ma anche esserci diverse disposizioni tecnico-normative da seguire.
Ma l’errore più grande che non si deve assolutamente fare è quello di pensare che cambiare bandiera sia, di fatto e a torto, uno status ove spesso vi sia una deregulation normativa, tecnica e gestionale: seppur molti registri siano più pratici, seri ed efficienti questo non significa certo che non si debba essere, a fronte di molti vantaggi, meno accorti e precisi nel gestire i vari adempimenti, come detto sia tecnici, normativi che economici nei confronti del registro prescelto.
La scelta dunque oltre che tener conto di questi importanti aspetti, definibili come cardine, dovrebbe anche tenere in debita considerazione a che titolo si detiene l’imbarcazione. Nel caso vi fossero, comproprietà , leasing o finanziamenti in corso la scelta deve tener conto di questo in quanto i riflessi, ma anche le tutele e i vantaggi, non sempre sono gli stessi e possono variare (a questo fanno chiaramente eccezione le norme tipiche ed univoche date dal diritto marittimo internazionale).
Daniele Motta
Perito e Consulente Navale
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